QUANDO LA PRIVACY CESSA DI ESISTERE IN GIUDIZIO

Il caso

Il caso: un giudice togato ha emesso un’ordinanza con la quale ordina a terzi soggetti (ossia: Agenzia delle Entrate, INPS e Centro per l’impiego) di esibire “tutti” i dati personali di un personaggio noto,  nell’ambito di un procedimento in cui quest’ultimo, tuttavia, non è parte non ha legami giuridici con alcuna delle parti.

Il giudice così ha disposto:

visti gli artt. 210-213 cpc, ordina a CENTRO PER L’IMPIEGO, INPS, Agenzia delle Entrate la produzione in giudizio entro il 28.2.2025 di documentazione attinente la situazione lavorativa, previdenziale, reddituale ed economica di xxxxxxxxxxxxxxxxxx, nato il xxxxxx a xxxxxxxx, codice fiscale xxxxxxxxxxxxx. 

In particolare dovranno essere depositati -da parte di ciascun Ente per quanto di propria competenza- i documenti relativi alla situazione lavorativa, l’estratto contributivo, la documentazione relativa alle eventuali indennità o redditi o provvidenze di qualsiasi tipo percepiti (Naspi, pensioni da lavoro, da inabilità etc., indennità di accompagnamento, redditi di cittadinanza, redditi di emergenza…etc), nonché copia delle ultime tre dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre CU, degli estratti conti bancari degli ultimi tre anni, nonché ogni altra informazione utile sul patrimonio, mobiliare e immobiliare, e sulla situazione economica dello stesso ottenibile tramite l’applicativo Serpico e l’accesso alle banche dati comprese nell’Anagrafe Tributaria, ivi incluso l’Archivio dei Rapporti Finanziari.

Il noto personaggio, difeso dall’Avv. Alessandro d’Arminio Monforte, tuttavia, NON:

• è parte in causa;

• è terzo cui l’ordine di esibizione è indirizzato;

• ha alcun interesse per intervenire nel giudizio;

• può opporsi in alcun modo al provvedimento di esibizione.  

Le criticità

L’ordinanza di esibizione presenta numerosi problemi dal punto di vista giuridico e della protezione dei dati personali per le seguenti ragioni:

1. Manca di motivazione

Il giudice non chiarisce le ragioni di fatto e di diritto che giustifichino l’ordine di esibizione ex artt. 210 – 213 c.p.c. Senza tali motivazioni, non è possibile comprendere l’interesse giuridicamente rilevante oggetto di difesa e/o di giudizio, né se la lesione del diritto alla privacy sia necessaria per la tutela di tale interesse giuridicamente prevalente.

2. Pecca di genericità

Non sono individuati i dati personali dei quali il Giudice necessita la conoscenza, e, dunque, oggetto della richiesta di esibizione. Il Giudice si limita a richiamare genericamente documenti che, oltre a contenere dati personali del noto personaggio, non sono rilevanti nel giudizio di cui egli non è parte e possono inoltre contenere dati particolari, riferibili anche a soggetti diversi dal noto personaggio e dalle parti del giudizio.

3. E’ palesemente in violazione dei principi di protezione dei dati

Nello specifico viola i principi di:

  • liceità del trattamento previsto dall’art. 6 c.1 lett. e) del Reg. UE 679/2016, poiché il Giudice non identifica le ragioni per cui il trattamento sia necessario all’esecuzione del proprio compito di interesse pubblico di amministrare la giustizia; 
  • proporzionalità dei dati, sancito dall’art. 5 c.1 lett. c) del Reg. UE 679/2016, in quanto il grado di intensità dell’interferenza con il diritto alla riservatezza del noto personaggio non è in alcun modo proporzionato all’obiettivo (peraltro ignoto nel caso di specie) per il quale è stato emesso l’ordine di esibizione, a maggior ragione se si considera che il noto personaggio non riveste né la qualità di parte né quella di “terzo” cui l’ordine è indirizzato; 
  • minimizzazione dei dati, sancito dall’art. 5 c.1 lett. c) del Reg. UE 679/2016 e in particolare di: adeguatezza, non indicando quali dati del noto personaggio sia necessario esibire; pertinenza, non essendo nota la finalità dell’esibizione dei predetti dati; limitazione, non essendo specificamente individuati neppure i termini del trattamento dei dati; 
  • limitazione della finalità del trattamento, sancito dall’art. 5 c1 lett. b) del Reg. UE 679/2016, che include l’obbligo di assicurare che eventuali trattamenti successivi non siano incompatibili con le finalità della raccolta dei dati. Invero, il trattamento dei dati personali esibiti da persone diverse dal titolare del trattamento o del suo responsabile esterno (ossia il Giudice) comporta un trattamento per finalità incompatibili con quella per la quale si ipotizza siano stati esibiti (la decisione), che invero spetta solo al giudicante. 

6. Coinvolge un soggetto senza legittimazione:

il soggetto non è parte in causa né destinatario dell’ordine e non ha alcuna possibilità di opporsi. Inoltre, non è stato informato del trattamento dei propri dati, neppure in via postuma, come previsto dal GDPR.

7. Genera un rischio di diffusione indebita

i dati personali raccolti potrebbero essere comunicati a soggetti privi di legittimazione al trattamento, esponendo il soggetto a ulteriori rischi per la sua privacy.

In conclusione

Questo caso solleva importanti interrogativi sul bilanciamento tra il diritto alla privacy e le esigenze della giustizia.

La gravità della situazione è accentuata dal fatto che il soggetto interessato è venuto a conoscenza dell’ordinanza solo informalmente e casualmente da parte della compagna, e non è stato in alcun modo informato del potenziale trattamento, così come delle relative finalità, dei propri dati personali (dati che sarebbero stati comunicati e poi diffusi anche a soggetti privi di legittimazione al trattamento e senza che lo stesso ne sarebbe mai stato informato, neppure ex post)

Non resta dunque che attendere l’intervento del Garante per la protezione dei dati personali. Nel frattempo, rimane il dubbio: fino a che punto possiamo considerare tutelata la nostra privacy, se nemmeno gli organi preposti alla tutela dei diritti si premurano di farlo?