Esaminiamo le attività preliminari di ricostruzone del patrimonio ereditario
1. La lettura dell’istanza e dei documenti allegati
Accettato l’incarico ed effettuato il giuramento di rito, il curatore entra nel pieno esercizio delle sue funzioni.
La prima attività, prodromica a tutte le successive, è prendere visione ed estrarre copia dell’istanza di nomina e dei documenti allegati. Con il processo civile telematico questa operazione è spesso possibile ancor prima di aver prestato il giuramento di rito. Il curatore, ricevendo il decreto di nomina via Pec, ha infatti la possibilità di esaminare subito il ricorso con la relativa documentazione e, nel contempo, valutare se accettare l’incarico o rinunciarvi.
Tra i documenti che si potranno trovare allegati all’istanza di nomina vi saranno:
1) il certificato di morte;
2) il certificato anagrafico della famiglia;
3) l’indicazione di eventuali beni mobili o immobili;
4) le eventuali ricerche di eredi effettuate dall’istante;
5) la dichiarazione di esistenza (o la prova documentale) dei presupposti di apertura della curatela;
6) la documentazione idonea a comprovare l’interesse dell’istante alla nomina.
Il curatore dovrà effettuare una lettura molto attenta e critica sia dell’istanza (spesso proposta da creditori del de cuius) sia dei documenti allegati (eventualmente anche mettendo in discussione quanto dedotto dall’istante), al fine di individuare tutte quelle informazioni (conti correnti, nomi di possibili chiamati, parenti in grado di riferire, beni immobili da custodire, ecc.) utili per dar corso all’incarico ricevuto.
Giova richiamare l’attenzione sul fatto che, frequentemente, vengono allegate all’istanza di nomina ricerche di chiamati all’eredità effettuate attraverso agenzie specializzate che, tuttavia, si rivelano spesso poco affidabili. È opportuno dunque non prestare fiducia assoluta a tali indagini e, nei limiti del possibile, verificare le informazioni ivi descritte.
Le medesime considerazioni valgano per quanto riguarda eventuali dichiarazioni rese in atti dall’istante, specie in relazione alla mancata accettazione da parte dei chiamati all’eredità o al possesso dei beni ereditari.
2. L’acquisizione delle prime informazioni dall’istante
Effettuato il primo esame dell’istanza di nomina e della documentazione allegata, il curatore deve prendere contatto con l’istante per avere un quadro più completo dell’eredità di cui trattasi. L’istanza di nomina, infatti, contiene normalmente solo gli elementi essenziali ai fini del suo accoglimento e non sempre (e non tutte) quelle informazioni che possono invece essere importanti per ai fini della cura e dell’amministrazione del patrimonio ereditario.
Qualsiasi notizia o dato riconducibile al de cuius può rivelarsi utile.
A titolo esemplificativo, il curatore potrà interpellare l’istante per sapere se gli sono noti:
– elementi atti ricostruire la storia del de cuius (ad esempio, se era coniugato, se era pensionato, se era assistito da qualcuno, ecc.);
– soggetti in grado di riferire (parenti, vicini di casa, il portiere dello stabile, amici);
– presenza di beni immobili o mobili registrati;
– pericoli di occupazione dei beni mobili;
– soggetti in possesso delle chiavi di accesso;
– problemi urgenti legati ai beni mobili o allo stato dei beni immobili (infiltrazioni, odori molesti, ecc.);
– riferimenti di istituti di credito o assicurativi del de cuius.
Le notizie così acquisite consentiranno al curatore di aggiungere ulteriori elementi per gestire, amministrare e salvaguardare sin da subito l’intero patrimonio ereditario.
3. L’iscrizione nel registro delle successioni e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale
L’apertura di una curatela di eredità giacente è, come si è avuto modo di osservare, un evento di interesse pubblico.
I soggetti, a vario titolo, interessati alla successione possono infatti essere molteplici (chiamati all’eredità, creditori, legatari, debitori, Amministrazioni Pubbliche, ecc.).
Per tale ragione, il primo adempimento formale a carico della Cancelleria della Volontaria Giurisdizione, è rappresentato dall’iscrizione del decreto di nomina nel registro delle successioni.
Tale registro, accessibile a chiunque vi abbia interesse, contiene gli estremi degli atti e delle dichiarazioni indicati dalla legge ed è diviso in tre parti. Nella prima sono registrate le dichiarazioni di accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario e tutti gli atti e le indicazioni relative al beneficio d’inventario e all’amministrazione e liquidazione delle eredità beneficiate. Nella seconda sono registrate le dichiarazioni di rinunzia all’eredità. Nella terza sono registrati i provvedimenti di nomina dei curatori delle eredità giacenti, nonché gli atti relativi alla curatela e le dichiarazioni di accettazione o di rinunzia degli esecutori testamentari.
Effettuata l’iscrizione nel suddetto registro, il curatore nominato, prestato il giuramento di rito, deve provvedere alla pubblicazione dell’estratto del decreto di nomina sulla Gazzetta Ufficiale (i c.d. “fogli degli annunzi legali delle province” sono infatti stati aboliti con la Legge n. 340 del 24 novembre 2000).
Attraverso tale forma di pubblicità tutti gli interessati verranno (formalmente) resi edotti che l’eredità di cui trattasi è stata dichiarata giacente e che il curatore nominato per la sua salvaguardia è stato individuato nella persona ivi indicata.
La pubblicazione può essere effettuata consegnando il testo dell’estratto del decreto che si intende pubblicare ai concessionari autorizzati dell’istituto poligrafico zecca dello Stato (o comunque ad un soggetto abilitato), unitamente a copia del decreto di nomina, del verbale di giuramento, di copia della carta d’identità del curatore e copia della ricevuta di pagamento dei corrispettivi e oneri richiesti. Molti concessionari consentono di effettuare tutta la procedura a mezzo e-mail (o Pec) con firma digitale dei singoli documenti.
I corrispettivi per la pubblicazione sono determinati in funzione del numero di caratteri trasmessi (circa € 0,0917 più Iva per ogni carattere), a cui devono aggiungersi una marca da bollo (attualmente di Euro 16,00) e un diritto fisso (attualmente di Euro 23,00).
La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è il primo e tra i più importanti adempimenti che il curatore deve compiere senza ritardo e che, invero, normalmente compie ancor prima di avere preso possesso dei beni del de cuius. Per tale ragione non è infrequente che il curatore debba anticipare le spese per la pubblicazione.
Effettuata la pubblicazione il curatore dovrà premurarsi di depositare una copia (o l’originale) della Gazzetta Ufficiale al cui interno è stato pubblicato l’annuncio nel fascicolo d’ufficio.
4. I primi accertamenti presso i Pubblici Registri
Tra le prime informazioni facilmente acquisibili dal curatore vi sono quelle contenute nei Pubblici Registri e, in particolare, quelle reperibili presso:
1) il Catasto Fabbricati e Terreni nazionale;
2) la Conservatoria dei registri immobiliari;
3) il Pubblico Registro Automobilistico e Navale;
4) la Camera di commercio.
Le ricerche presso i Pubblici Registri devono essere effettuate utilizzando i dati anagrafici del de cuius e in chiave storica (non solo attuale), anche al fine di accertare l’effettiva mancanza di accettazione da parte dei chiamati all’eredità.
È necessario infatti comprendere se le vicende “storiche” interessanti il patrimonio del de cuius prima del suo decesso siano mutate dopo la sua morte e in che modo.
Le semplici ricerche “attuali” (ovvero alla data della consultazione del Pubblico Registro) potrebbero non evidenziare alcun risultato per il solo fatto che l’oggetto d’indagine (un immobile, un bene mobile registrato, una quota sociale) è stato trasferito ad un nuovo soggetto.
A tal proposito, per quanto riguarda le ricerche presso il PRA e la Camera di Commercio, giova osservare che anche queste possono essere approfondite attraverso l’esame storico degli atti registrati. In particolare per quanto riguarda le attività commerciali e artigianali i verbali delle assemblee si rivelano spesso particolarmente utili.
I Pubblici Registri possono essere consultati anche on-line attraverso i portali dedicati che offrono servizi di tal specie. In pochi minuti si è nelle condizioni di conoscere il patrimonio registrato intestato al de cuius e, non è escluso, di individuare chiamati all’eredità che abbiano (già) accettato tacitamente.
5. Le comunicazioni agli uffici competenti
Tra gli adempimenti formali da effettuarsi senza ritardo vi è poi la comunicazione di apertura della curatela che il curatore deve inviare, unitamente al provvedimento di nomina, a tutti i soggetti che sono, direttamente o indirettamente, interessati alla successione. Invero, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale può non rivelarsi sufficiente in ragione della scarsa consuetudine alla sua consultazione.
Il curatore dovrà dunque provvedere ad informare i seguenti uffici:
1) Agenzia del Demanio: l’interesse dell’Agenzia del Demanio si riconduce alla possibilità che, in presenza dei presupposti di legge, sarà poi lo Stato Italiano a divenire legittimo erede;
2) Agenzia delle Entrate (al cui interno oggi è confluita l’Agenzia del Territorio) e Agenzia delle Entrate Riscossione e procedure concorsuali (già Equitalia S.p.a.). La comunicazione all’Agenzia delle Entrate ha il fine di rendere l’Agenzia edotta del fatto che l’eredità del soggetto di cui trattasi è stata dichiarata giacente e, all’uopo, è stato nominato un curatore con il compito di gestirla e amministrarla. L’Agenzia delle Entrate hai infatti bisogno di un interlocutore che provveda agli adempimenti fiscali (dichiarazione di successione, dichiarazioni dei redditi, ecc.) e al quale rivolgersi quale (nuovo) titolare di diritti di credito o di debito eventualmente riconducibili al de cuius. A tal proposito vi è la necessità che il curatore provveda, contestualmente alla comunicazione di apertura della curatela, a richiedere informazioni la posizione creditoria o debitoria del de cuius.
La comunicazione in oggetto ha natura obbligatoria ex art. 5 DPR 22.07.1988 n. 322, come modificato dal D.lgs. 18.11.2005 n. 247, e deve essere effettuata a mezzo raccomanda a.r. o a mezzo Pec, nel termine massimo di 60 giorni dall’assunzione da parte del curatore delle funzioni.
Sul sito internet dell’Agenzia delle Entrare è possibile individuare agevolmente l’Ufficio di competenza al quale inviare la comunicazione.
3) Ufficio riscossione Tributi del Comune. La comunicazione in oggetto deve essere inviata sia al Comune di ultima residenza sia a quello del luogo ove sono ubicati gli eventuali immobili già intestati al de cuius.
Il fine della comunicazione (che potrà essere inviata a mezzo Pec, eventualmente anche per il tramite dell’Ufficio Protocollo del Comune interessato) è, anche in questo caso, quello di consentire alla Pubblica Amministrazione di identificare il (nuovo) referente dell’eredità ai fini della riscossione dei tributi comunali.
4) Ufficio Postale competente in base al luogo di ultima residenza e/o domicilio: questa comunicazione ha un’importanza particolare per la curatela in ragione degli effetti che produce. Invero, il curatore ha molto interesse ad acquisire tutte quelle informazioni che si possono ricavare dalla corrispondenza indirizzata al de cuius (si pensi ad esempio, all’estratto conto bancario, alle polizze sulla vita, alla corrispondenza tra parenti, agli atti notificati e giacenti presso l’ufficio, ecc.) e ad ottenere che tutta la corrispondenza gli sia inviata presso lo studio.
5) Istituto Nazionale di Previdenza Sociale: la comunicazione ad INPS è anch’essa dettata da ragioni di opportunità. Non è escluso infatti che il curatore o lo stesso INPS possano necessitare di interloquire l’uno con l’altro in relazione ad eventuali crediti o debiti reciproci. Giova osservare che, potrebbe risultare opportuno richiedere contestualmente alla comunicazione in oggetto, un estratto della posizione creditoria o debitoria del de cuius.
6) Camera di Commercio: qualora il de cuius fosse stato titolare di una ditta individuale o di quote sociali, è necessario dare comunicazione della nomina del curatore anche alla Camera di Commercio affinchè ne sia informata. Anche in questo caso potrebbe risultare inoltre opportuno richiedere, contestualmente alla comunicazione in oggetto, un estratto della posizione creditoria o debitoria del de cuius.
7) PRA – Pubblico Registro Automobilistico e RINA: qualora il de cuius fosse stato titolare di un bene mobile registrato, il curatore dovrà darne comunicazione al Pubblico Registro anche al fine di evitare il pagamento delle relative tasse di possesso.
8) Altri soggetti interessati. Tra questi vi rientrano certamente soggetti dei quali si abbia notizia, quali, a titolo esemplificativo, creditori, debitori, professionisti, istituti assicurativi, istituti di credito, datori di lavoro, amministratori di condominio, comproprietari di beni, usufruttuari.
6. La ricerca dei chiamati all’eredità
Si è avuto modo di osservare che, al fine di presentare istanza di nomina di curatore eredità giacente, è richiesta la prova della (ragionevole probabilità di) esistenza di chiamati all’eredità interessati alla successione.
Qualora tale prova non venisse fornita dall’istante o non risultasse sufficiente, il curatore può sempre attivarsi presso il Comune di ultima residenza per ottenere un certificato dello stato di famiglia del de cuius.
Affinché però l’indagine sui chiamati all’eredità possa essere completa, la ricerca deve essere estesa sino a ricostruire la composizione della famiglia all’origine. Per ottenere tale informazione il curatore dovrà pertanto rivolgersi all’Ufficio Anagrafe del Comune di nascita e richiedere un certificato dello stato di famiglia storico dalla nascita. Solo così si potrà, infatti, comprendere come era composta la famiglia del de cuius all’origine e verificare se esistano eredi legittimi in grado di succedere al defunto.
Giova tuttavia osservare che, in alcuni casi, qualora non vi sia corrispondenza tra l’ufficio anagrafico ove è stata registrata la nascita, quello di residenza e/o quello di morte, le ricerche dovranno essere effettuate anche presso tali Comuni.
Il certificato dello stato di famiglia storico dalla nascita, rilasciato in tempi variabili da Comune a Comune, conterrà non solo il grado di parentela con il de cuius, ma anche le relative annotazioni (decessi, uscite dalla famiglia, ecc.). Informazioni queste che possono rivelarsi molto utili al curatore.
Il costo del certificato sarà variabile in ragione della composizione della famiglia, ma sarà sempre dovuta l’imposta di bollo in misura fissa (attualmente di Euro 16,00).
Giova richiamare l’attenzione ai (rari) casi di adozione in cui può incorrere il curatore. Una siffatta informazione, certamente di natura sensibile (ottenibile spesso solo con espressa autorizzazione dal giudice) ai fini successori non implica alcunché, ma può essere d’interesse per individuare altri successibili.
La ricerca degli eredi, sebbene non costituisca un obbligo codificato, è senza dubbio tra i compiti più importanti del curatore in quanto, una volta individuati i chiamati all’eredità, questi potranno essere sollecitati dal curatore ad accettare o rinunciare, con evidenti effetti favorevoli sulla procedura.
7. La tutela della privacy e gli accertamenti del curatore alla luce del D. Lgs. 10 agosto 2018 n. 101
Se è vero che il curatore è un Pubblico Ufficiale che agisce in forza di un provvedimento che gli conferisce ampi poteri, è altrettanto vero però che spesso i terzi (privati) con cui il curatore entra in contatto non conoscono la figura giuridica del curatore di eredità giacente e, richiamandosi erroneamente alla normativa sulla tutela dei dati personali, non rilasciando informazioni al curatore.
Il curatore, tuttavia, è pienamente legittimato a conoscere delle posizioni giuridiche del de cuius non solo in forza della legge e del provvedimento di nomina dell’Autorità Giudiziaria, bensì anche in forza dell’art. 2 terdecies (Diritti riguardanti le persone decedute) del D. Lgs. 10 agosto 2018 n. 101 di adeguamento della normativa nazionale (D. Lgs. n. 196/2003, c.d. Codice Privacy) alle disposizioni del Regolamento UE 2016/679 (relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali), in combinato disposto con il Regolamento medesimo.
Invero, l’art. 2 terdecies, n. 1, del D. Lgs. 10 agosto 2018 n. 101 prevede che “i diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione”.[1]
Il curatore, rientrando a pieno titolo tra coloro che agiscono a tutela dell’interessato (anche se defunto), sarà pertanto legittimato a richiedere ed ottenere tutte le informazioni riconducibili al defunto.
8. I beni e gli account digitali: l’eredità giacente digitale
Nel patrimonio riconducibile al de cuius (non sempre e non necessariamente anziano) sarà sempre più frequente rinvenire beni ed account digitali che il curatore dovrà individuare e amministrare. Allo stato attuale, infatti, grazie agli innumerevoli device mobili presenti sul mercato (smartphone, personal computer, tablet, ecc.), ogni persona è di fatto titolare (anche) di un patrimonio digitale. E’ il caso della cosiddetta “eredità digitale”.
Il termine “bene digitale” identifica un qualsiasi file digitale contenuto all’interno di un dispositivo digitale, mentre con il termine “account digitale” si è soliti definire quel sistema di riconoscimento dell’utente che gli permette di accedere ad un determinato servizio o bene.
Tra i beni digitali si annoverano la corrispondenza di posta elettronica, i file di testo, le immagini, i video, i file audio memorizzati su supporti fisici o virtuali (progetti, opere letterarie, ecc.), mentre tra gli account digitali si rinvengono quelli per usufruire del servizio di posta elettronica (Gmail, Hotmail, Yahoo), per acquistare prodotti su un e-commerce (Amazon, EBay, PayPal), per interagire con i social network (Facebook, Twitter, LinkedIn) o, semplicemente, per effettuare operazioni attraverso la banca online.
Sia gli account digitali sia i beni digitali possono avere un valore patrimoniale che può derivare dal loro contenuto – per quanto riguarda i beni digitali, si pensi all’archivio digitale di un fotografo professionista o ai progetti di un architetto; mentre per quanto riguarda gli account si pensi a sistemi di pagamento automatizzato (PayPal) o per il trading on-line (IQ Option, Markets, Plus500), oppure ai contratti di sponsorizzazione, alle recensioni o valutazioni degli utenti (YouTube, EBay, Trip Advisor, ecc.).
Proprio in ragione del loro valore il curatore dovrà preoccuparsi di ricostruire anche il patrimonio digitale del de cuius e non limitarsi ai soli beni “fisici”.
Dunque, il curatore dovrà innanzitutto premurarsi di ricostruire la vita “digitale” del de cuius e andare alla ricerca dei supporti di memorizzazione fisici ove sono custoditi i beni digitali (personal computer, dischi fissi esterni, penne USB). Allo stesso modo dovrà interpellare i principali gestori dei servizi informatici (ed esempio i provider di posta elettronica, i fornitori di servizi di memorizzazione virtuale, ecc.) onde accertare eventuali rapporti contrattuali intercorsi tra questi e il defunto.
Una volta individuati i beni e gli account digitali il curatore dovrà poi accedere a tali dati. Tuttavia, se si considera che le credenziali di accesso – e, nello specifico, la password – sono (normalmente) note solo al suo titolare (il de cuius), sono composte di caratteri complessi e sempre diversi dopo ogni aggiornamento, va da sé che per il curatore potrebbe non essere sempre possibile accedere ai beni digitali sia agli account.
Mentre, però, la password per accedere ai beni digitali è stata scelta e come tale è conosciuta solo ed esclusivamente dal suo titolare (ad esempio la password di accesso al personal computer, ai dischi di backup o di archiviazione, ecc.), per gli account digitali non è propriamente così essendo infatti la password stessa concessa in comodato (seppur inizialmente scelta dall’utente) dal fornitore del servizio digitale.
Pertanto, mentre nel primo caso il curatore, qualora sia entrato in possesso dei supporti digitali del de cuius, non avrà altra possibilità che quella di “forzare” la misura di sicurezza, previa autorizzazione del giudice e tramite un esperto informatico, la protezione per poter venire a conoscenza del contenuto protetto, nel secondo caso, ovvero nel caso degli account, invece, il curatore potrà richiedere in forza dell’art. 2 terdecies del D. Lgs. 10 agosto 2018 n. 101, di farsi rilasciare dal fornitore del servizio digitale un duplicato della password o una nuova password (si pensi al gestore del servizio di posta elettronica, alla banca on-line, ad un sito e-commerce) per poter accedere agli account intestati al de cuius.
Giova osservare che, tra gli account digitali, quello che sicuramente merita di essere oggetto d’interesse da parte del curatore è l’account di posta elettronica. La corrispondenza digitale è infatti oggi ancor più diffusa della corrispondenza cartacea e può offrire informazioni particolarmente interessanti per il curatore (conti correnti, assicurazioni sulla vita, possesso di criptovalute, ecc.).
L’unico caso in cui al curatore potrà essere impedito di accedere (o comunque esercitare i diritti che spettavano al defunto) è quello in cui il de cuius, avvalendosi degli strumenti messi a disposizione dai fornitori dei servizi della società dell’informazione, abbia deciso in vita di vietarlo con un atto scritto o un documento informatico sottoscritto con firma elettronica. Invero, l’art. 2 terdecies, al n. 2, prevede espressamente che: “2. L’esercizio dei diritti di cui al comma 1 non è ammesso nei casi previsti dalla legge o quando, limitatamente all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione, l’interessato lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest’ultimo comunicata.”
Tale disposizione di legge introduce timidamente nel nostro ordinamento l’eredità digitale e dimostra che il nostro mondo, fatto di beni prevalentemente materiali, si sta trasformando in una “infosfera”[2] dove i beni digitali hanno, anche nell’ambito delle successioni, un valore sempre più rilevante.
8.1. Segue. Il caso dei bitcoin (o monete virtuali o criptovalute)
Tra i beni digitali non si possono non citare le monete virtuali (o criptovalute), tra le quali la più celebre è il bitcoin.
La moneta virtuale è una moneta priva di un controvalore garantito da un soggetto terzo ed è allo stato caratterizzata da scambi crittografati la cui autenticità e verifica è affidata alla rete stessa creata dagli utilizzatori della valuta (un sistema chiamato “blockchain”). Tale caratteristica le rende lo strumento perfetto per i pagamenti elettronici su scala globale.
Sinteticamente il funzionamento è il seguente: il titolare crea on-line un suo account (c.d. bitcoin address) e un suo portafoglio bitcoin dove trasferisce denaro reale. Ogni bitcoin porta l’identificativo (ma non il nome) del suo proprietario che, sino a quando lo vorrà, potrà restare anonimo.
Lo smarrimento della password di accesso, così come l’impossibilità di recuperarla, comporta la perdita di tutto il denaro ivi versato, con conseguenze patrimoniali che possono essere di non lieve momento. Nessuno, compreso il fornitore del servizio, sarà infatti in grado di “recuperare” la password di accesso. Il curatore dovrà dunque prestare molta attenzione nel caso in cui venisse in possesso di un inventario (cartaceo o digitale) dei beni digitali intestati al de cuius e accertare l’eventuale presenza di monete digitali.
Le probabilità di possesso di bitcoin da parte del de cuius e il loro valore patrimoniale deve essere attentamente valutata dal curatore il quale, nella ricerca del patrimonio ereditario, dovrà tentare di reperire tale password.
9. La ricerca dei beni attraverso l’art. 492 bis c.p.c.
Il D. L. del 12 settembre 2014, n. 132 e ss.mm. ha introdotto un interessante strumento a disposizione (anche) del curatore per ricercare i beni del defunto presso l’Anagrafe Tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari. Si tratta dell’istanza di autorizzazione alla ricerca dei beni ex art. 492 bis c.p.c. nata per agevolare i creditori nell’individuazione dei beni, da sottoporre a pignoramento, riconducibili al debitore.
Tale strumento si rivela estremamente utile anche per il curatore di eredità giacente il quale ha così la possibilità, con un’unica richiesta, di ricostruire buona parte del patrimonio del de cuius.
Secondo l’art. 492 bis c.p.c., l’istanza di autorizzazione deve essere presentata dal creditore, rectius dal curatore, al Presidente del Tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, il quale verificato il suo diritto a procedere con l’esecuzione forzata emette un provvedimento di autorizzazione.
Nel caso di eredità giacente i presupposti per richiedere la ricerca dei beni sono diversi, ma altrettanto meritevoli di tutela. Non si tratta infatti, almeno direttamente, di recuperare dei crediti, ma di ricostruire il patrimonio del de cuius ed entrare, semmai, in possesso del patrimonio ereditario.
Per tale ragione non si ritiene quindi necessaria la richiesta da parte del curatore di un’(ulteriore) autorizzazione specifica del giudice al fine di richiedere all’Agenzia delle Entrate la ricerca dei beni del de cuius, risultando nella maggior parte dei casi sufficiente il solo provvedimento di nomina.
In ogni caso, il provvedimento di autorizzazione eventualmente richiesto o il semplice decreto di nomina, dovrà essere inviato alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate dove ha sede il Tribunale che ha disposto la nomina del curatore la quale provvederà agli accertamenti richiesti presso le banche dati dell’Anagrafe tributaria e dell’Anagrafe dei rapporti finanziari.
Le richieste di accesso alla Direzione Regionale dovranno essere inviate all’indirizzo PEC (posta certificata) o anche a mezzo raccomanda a.r. secondo le indicazioni presenti sul sito dell’Agenzia.
L’istanza dovrà contenere:
– copia del decreto di nomina del curatore e pedissequo giuramento, corredata da attestazione di conformità all’originale ai sensi dell’art. 16 bis, comma 9bis, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni nella legge n. 221/2012, secondo le modalità previste dal D. Lgs. n. 82/2005 e dal DPCM 13 novembre 2014, con firma digitale, la cui estensione del file sia “.p7m”;
– (eventuale) autorizzazione specifica del Presidente del Tribunale per l’accesso alle informazioni contenute nelle banche dati previste dall’art. 492bis c.p.c.;
Attraverso tale indagine sarà possibile conoscere:
– l’ultima dichiarazione dei redditi (il periodo di riferimento sarà limitato all’ultimo biennio), salvo espressa richiesta di diversa annualità, presentata dal de cuius ad esclusione dei quadri contenenti dati sensibili, compresi eventuali quadri IVA. Le dichiarazioni IVA, IRAP e il modello 770 vengono escluse, in via generale, a meno che non siano oggetto di espressa richiesta nell’istanza;
– la certificazione dei redditi percepiti dal de cuius come risultanti dalle dichiarazioni presentate dai sostituti d’imposta (ultima annualità per la quale vi sono dati disponibili);
– l’elenco degli atti del registro (estremi), registrati nell’ultimo decennio, salvo espressa richiesta di un periodo più ampio e comunque non oltre il 1986;
– l’elenco (ultima annualità disponibile alla data dell’accesso) degli istituti di credito e degli altri intermediari finanziari con i quali il de cuius ha intrattenuto rapporti finanziari e natura dei rapporti finanziari intrattenuti. Si precisa che nell’Archivio dei rapporti finanziari non sono presenti dati relativi a saldi, giacenza media o singoli movimenti.
Per le operazioni di ricerca, visura e rilascio di copia dei documenti dovranno essere versati i tributi speciali e i compensi (codice tributo 964T), secondo quanto previsto dalla Tabella A allegata al D.P.R. n. 648 del 1972. Sarà la stessa Agenzia delle Entrate a provvedere alla quantificazione del dovuto prima di inviare le risultanze delle ricerche.
Il pagamento dei tributi speciali dovrà essere effettuato:
– con il modello F24, allegato alla nota di riscontro, debitamente compilato a cura della Direzione regionale;
– con il contrassegno sostitutivo delle marche da bollo per importi non superiori ad €. 25,82 (ex art. 3, comma 3 del Decreto dirigenziale del 9 dicembre 1997 del Ministero delle Finanze), sempre allegato alla nota di riscontro.
Ricevuto il pagamento, la documentazione sarà inviata normalmente tramite Pec. Nel caso di espressa richiesta di altre modalità di trasmissione, le spese di spedizione dei documenti saranno a totale carico del richiedente.
Qualora sia necessaria la scansione di documenti cartacei, i costi sono determinati in base ad un rimborso fisso (attualmente di € 0,20) a pagina formato A4.
10. L’accesso presso I.N.P.S. – Istituto Nazionale Previdenza Sociale
Le informazioni reperite presso l’Anagrafe Tributaria e l’Archivio dei rapporti finanziari consentono di ottenere una rosa di informazioni tale da ricostruire – insieme agli accertamenti presso il Catasto, la Conservatoria, il PRA e la Camera di Commercio – buona parte del patrimonio del de cuius.
Tuttavia, anche l’accesso presso gli uffici I.N.P.S. – Istituto Nazionale Previdenza Sociale può portare ad ottenere informazioni utili in tempi molto rapidi.
Invero, è possibile richiedere all’ufficio INPS di competenza informazioni circa la titolarità in capo al de cuius di trattamenti pensionistici, previdenziali o indennitari e farsi indicare le relative modalità di corresponsione, quindi anche l’istituto bancario di accreditamento.
Dunque, esibendo all’ufficio interrogato copia del decreto di nomina, unitamente a copia del documento d’identità del curatore, si potranno ottenere subito informazioni utili in relazione all’attività lavorativa svolta in vita dal de cuius e all’individuazione del conto corrente intestato al de cuius.
11. La raccolta di informazioni dai soggetti in grado di riferire
Nel corso delle proprie attività non è infrequente che il curatore possa venire in contatto con persone in grado di fornire informazioni utili allo svolgimento dell’incarico quali, a titolo esemplificativo, gli eredi rinunciatari, i chiamati all’eredità, i parenti, l’esecutore testamentario, i soci, gli assistenti domestici, il portiere dello stabile.
Questi soggetti devono essere intervistati o, comunque, invitati dal curatore a rilasciare tutte le informazioni a loro conoscenza utili per l’espletamento del suo incarico.
L’intervista dovrà vertere orientativamente sui seguenti argomenti:
– informazioni generali (cenni sulla storia del de cuius prima del decesso);
– esistenza in vita di parenti (nomi, cognomi e indirizzi di genitori, del coniuge, dei fratelli, dei nipoti);
– eventuali trattamenti previdenziali, assistenziali o pensionistici;
– beni immobili (se ve ne sono, se sono occupati, da chi, chi ha le chiavi, chi lo ha gestito sino ad oggi);
– beni diversi dagli immobili (presenza di conti correnti, libretti postali, fondi, titoli, cassette di sicurezza, ecc.);
– eventuali partecipazioni sociali;
– esistenza di polizze assicurative o vita;
– esistenza di figli legittimi e/o naturali;
– esistenza di debiti o crediti noti (pagamento spese funerarie, ecc.);
– presentazione della dichiarazione di successione (se è stata presentata la dichiarazione di successione, da chi, quando).
Le persone in grado di riferire non hanno alcun obbligo giuridico di accettare l’invito del curatore né, tanto meno, di riferire o dire la verità.
Nel caso in cui però si rendessero disponibili è opportuno che il curatore valuti criticamente le informazioni ottenute in quanto non è infrequente che tali soggetti siano, per le più svariate ragioni anche di carattere emotivo, reticenti o riluttanti a dare notizie sul de cuius.
È opportuno dunque evitare di assumere atteggiamenti di carattere inquisitorio o intimidatorio (che sarebbero, peraltro, illegittimi e sanzionabili) ed informare adeguatamente l’intervistato della funzione che riveste il curatore e delle attività che questi deve svolgere.
Inoltre, anche al fine di rendere edotto il giudice di quanto appreso, dovrà essere redatto un processo verbale degli incontri da far sottoscrivere all’intervistato, previa sua identificazione.
12. Il conto corrente e il deposito amministrato del de cuius
Nel corso dei primi accertamenti e spesso ancor prima di aver ottenuto le risultanze delle indagini effettuate dall’Agenzia delle Entrate ex art. 492 bis c.p.c. il curatore può venire a conoscenza di un istituto bancario con il quale il de cuius ha intrattenuto in vita rapporti di conto corrente o di altra natura.
In tal caso il curatore dovrà, in primo luogo, contattare l’istituto bancario (anche attraverso Pec) presso la sua sede legale (allegando il provvedimento di nomina), al fine di ottenere:
– la conferma dell’esistenza di rapporti intestati al de cuius e la relativa agenzia di riferimento;
– la conferma dell’esistenza di eventuali polizze vita sottoscritte dal de cuius (anche con società collegate all’istituto bancario interpellato) e relativi beneficiari;
– la conferma dell’esistenza di una cassetta di sicurezza;
– il rilascio della certificazione dei rapporti intestati al de cuius (conti correnti ordinari, libretti, depositi amministrati, ecc.);
– i nominativi di eventuali cointestatari dei rapporti o di delegati alle operazioni;
– la copia dell’estratto conto dei movimenti degli ultimi 3 mesi precedenti al decesso e dal decesso alla data di richiesta;
– la copia di eventuali richieste di estinzione e chiusura rapporti;
– il nominativo del titolare del conto presso il quale è stato trasferito l’eventuale saldo attivo del conto corrente intestato al de cuius;
Individuata l’agenzia di riferimento, il primo atto che il curatore dovrà compiere sarà quello di informarla – nel caso in cui non fosse già stato fatto dalla sede legale) che è stato nominato un curatore dell’eredità giacente del soggetto di cui trattasi.
Tale informazione, nella maggior parte dei casi, dovrà essere fornita recandosi direttamente presso l’agenzia consegnando il decreto di nomina (spesso le prassi bancarie richiedono altresì la consegna di un atto di notorietà), unitamente al proprio documento d’identità e ad una richiesta in carta libera di rilascio delle sopra formulate informazioni (se non ancora ottenute tutte).
Attraverso la consegna della citata documentazione la banca avrà “ufficialmente” un nuovo interlocutore con il quale interfacciarsi.
Al fine di accertare la mancata accettazione dell’eredità da parte dei chiamati, il curatore dovrà richiedere quanto prima gli estratti conto dei tre mesi precedenti la data del decesso (è possibile richiedere la documentazione dei dieci anni precedenti al decesso ex art. 119, co. 4, Dec. Lgs. 385/1993, come sostituito dall’art. 24 del Dec. Lgs. 342/1999) e sino alla data di richiesta. Se è vero che con il decesso del titolare il conto corrente viene bloccato, non è escluso che possano essere state effettuate precedentemente operazioni “dubbie” da parte di delegati o cointestatari che è opportuno sottoporre ad analisi (ad esempio, l’incasso di assegni).
Inoltre, l’esame dell’estratto conto potrà offrire spunti di accertamento circa altri rapporti “attivi” intrattenuti dal de cuius (domiciliazioni, assicurazioni, titoli, ecc.).
Si tenga presente tuttavia che il conto corrente resterà bloccato e il saldo attivo non potrà essere trasferito (sul conto corrente che sarà aperto dal curatore e intestato alla curatela) sino a quando non sarà stata depositata la dichiarazione di successione ed emessa dal giudice specifica autorizzazione.
13. Le polizze assicurative a favore di “eredi legittimi o testamentari”
La questione relativa alla gestione da parte del curatore delle polizze assicurative e, in particolare, delle polizze sulla vita, non è di immediata e unanime soluzione.
I contratti assicurativi non sono infatti beni facenti parte della massa ereditaria del de cuius, sicché le somme liquidabili non rientrano nell’asse ereditario oggetto di amministrazione da parte del curatore.
Il curatore non avrebbe dunque legittimazione attiva per convenire in giudizio l’istituto assicurativo che si rifiuti di versare le somme liquidabili alla curatela.[3]
L’opinione è condivisibile nel caso in cui il beneficiario sia identificato chiaramente, ma non nel caso in cui la polizza indichi quali beneficiari “eredi legittimi o testamentari”.
In tal caso, infatti, i beneficiari della polizza assicurativa sulla vita e i beneficiari del patrimonio ereditario, pur non essendo noti, coincidono. Dunque, al curatore non dovrebbe essere negata la possibilità di riscuotere le somme liquidabili al fine di poterle successivamente trasferire (unitamente al patrimonio ereditario) agli eredi o, decorsi dieci anni, allo Stato – il quale a sua volta, a seconda della veste che deciderà di assumere (erede/beneficiario), potrà decidere se trasferirle al Fondo costituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, destinato a risarcire i risparmiatori vittime di frodi finanziarie, come prevede oggi la legge in caso di mancata riscossione da parte dei beneficiari. Giova osservare a tal proposito che, alcuni istituti assicurativi, avvallano tale logica di ragionamento e liquidano le somme oggetto di assicurazione anche al curatore.
Si aggiunga, a conforto di quanto esposto, che vi sarebbero peraltro dei problemi legati ai termini di prescrizione del diritto a pretendere il pagamento delle somme che fanno propendere per tale conclusione.
Invero, l’art. 2952 c.c. prevedeva un termine di prescrizione di un anno a decorrere dal giorno in cui si è verificato l’evento che ha determinato il diritto a chiedere la prestazione. Tuttavia, con l’entrata in vigore della Legge 27 ottobre 2008 n.166, tale termine è stato esteso a due anni e, successivamente, portato a 10 anni per i soli contratti di assicurazione sulla vita (art. 22 comma 14 della Legge 17 dicembre 2012 n. 221).
Attualmente, dunque, i termini di prescrizione variano in funzione di quando è avvenuto il decesso:
– per gli eventi avvenuti fino al 27/10/2007 il termine di prescrizione sarà di 1 anno;
– per gli eventi avvenuti dal 28/10/2007 e fino al 19/10/2010 il termine di prescrizione è di 2 anni;
– per gli eventi avvenuti dal 20/10/2010 il termine di prescrizione sarà di 10 anni.
Una volta decorso il termine di prescrizione, gli istituti assicurativi devono versare le somme non riscosse al Fondo costituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze.[4]
Tuttavia, se è vero che il curatore deve gestire e amministrare il patrimonio ereditario “in attesa” di accettazione da parte degli eredi legittimi o testamentari, è altrettanto vero che, onde non incorrere in contestazioni da parte dei (possibili) chiamati all’eredità presentatisi dopo uno o due anni dalla morte del de cuius, questi dovrà attivarsi affinché anche tali diritti non svaniscano.
Del resto, si può affermare che il de cuius, in vita, attraverso la sottoscrizione della polizza vita ha manifestato l’espressa volontà, non ignorabile dal curatore, che il premio assicurativo pervenisse ai suoi “eredi legittimi o testamentari”.
14. Il sopralluogo presso l’immobile e l’apposizione dei sigilli
In presenza di un bene immobile (ad esempio, un appartamento in condominio, una villa, un capannone, ecc.) è necessario che il curatore si rechi in loco al fine di accertare non solo l’eventuale occupazione da parte di soggetti terzi, ma soprattutto lo stato di fatto (esterno) del medesimo. Non sono rari i casi di immobili fatiscenti che possono recare pregiudizio a terzi (si pensi, ad esempio, a balconi pericolanti). Per tale ragione, anche qualora il bene non sia agevolmente raggiungibile, il curatore deve richiedere al giudice di poter nominare un soggetto di sua fiducia (o un cancelliere, un notaio o un avvocato) in loco affinchè provveda ad un sopralluogo.
In ogni caso, il curatore, qualora fosse già in possesso delle chiavi, non deve mai accedere all’immobile prima dell’inizio delle operazioni di inventario, salvo ragioni evidenti di urgenza.
Nel caso in cui non fosse invece in possesso delle chiavi, anche al fine di potervi accedere successivamente, il curatore si dovrà premurare di fotografare lo stato di fatto esterno del bene, compresa la porta di accesso e la relativa serratura. Il curatore avrà così la possibilità di precostituirsi la prova documentale della situazione rilevata al momento del suo sopralluogo e, nel contempo, anticipare le problematiche di apertura delle porte al fabbro che sarà chiamato ad intervenire.
In occasione del sopralluogo il curatore potrà anche ritirare la posta a nome del defunto, se in custodia al portiere dello stabile (in caso contrario dovrà attendere che la cassetta delle lettere venga aperta dal fabbro in occasione delle operazioni d’inventario).
Si rammenti che, nei casi in cui vi siano beni incustoditi o che rischiano di essere sottratti, il curatore potrà richiedere al giudice, in via d’urgenza, l’apposizione dei sigilli ex art. 752-761 c.p.c..
La dottrina ritiene che i sigilli debbano essere obbligatoriamente apposti (in analogia alla disciplina dell’esecutore testamentario, ex art. 705 c.p.c.) quando tra i chiamati all’eredità vi siano minori, interdetti o persone giuridiche, e che possano anche essere apposti d’ufficio ex art. 754 c.p.c..[5]
La richiesta di apposizione dei sigilli deve essere presentata al giudice che provvede con un decreto immediatamente esecutivo non soggetto a notificazione o comunicazione agli interessati in ragione dell’urgenza.
L’apposizione è effettuata con l’assistenza del cancelliere e alla presenza del curatore. Qualora nel corso delle operazioni di apposizione vi siano porte chiuse o si incontrino ostacoli o sorgano difficoltà, il giudice può ordinare l’apertura delle porte disponendo altresì che intervengano tutti gli ausiliari necessari a tal fine (forza pubblica, fabbro, falegname, ecc.).
Il sigillo viene apposto alle porte, alle finestre, agli armadi e, in generale, a qualsiasi apertura, con una fettuccia fermata dalla ceralacca sul quale è impresso il timbro a secco del Tribunale adito con lo stemma della Repubblica Italiana.[6]
Nel caso in cui nell’immobile vi siano soggetti estranei che lo abitano, tutti i beni riconducibili al de cuius possono essere allocati in uno o più vani al cui accesso vengono apposti i sigilli.
Qualora nel procedere all’apposizione dei sigilli venga rinvenuto un testamento o carte ritenute importanti, il giudice provvede alla conservazione degli stessi, ma può anche chiederne l’immediata pubblicazione. Se non può provvedervi nello stesso giorno, nel processo verbale descrive la forma esterna delle carte, e le chiude in un involto da lui sigillato e sottoscritto, in presenza delle parti, fissando il giorno e l’ora in cui emetterà i provvedimenti ulteriori (ex art. 757 c.p.c.).
I sigilli hanno una durata temporanea, ma sino a quanto non vi sia un ordine del giudice non possono essere rimossi. Sino ad allora è nominato un soggetto quale custode dei sigilli.[7]
15. Gli accertamenti sull’effettiva sussistenza dei presupposti
15.1 Segue. Gli accertamenti sull’accettazione eredità
A prescindere da quanto dichiarato dall’istante nel ricorso per la nomina di un curatore dell’eredità giacente, nonché di quanto documentalmente allegato, il curatore deve verificare attraverso i fatti e i documenti di cui viene a conoscenza, se vi sia stata o meno accettazione dell’eredità da parte dei chiamati e se questi siano o meno nel possesso dei beni ereditari.
Si tratta di una valutazione ex post della permanenza dei presupposti per l’esistenza della curatela di eredità giacente.
A tal proposito, si tenga conto che “l’accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta anche dal comportamento del chiamato che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare; ne consegue che, mentre sono idonei allo scopo gli atti di mera natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, l’accettazione tacita può essere desunta dal compimento di atti che siano al contempo fiscali e civile, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, ma anche quello civile”.[8]
In particolare il curatore dovrà esaminare i comportamenti dei chiamati all’eredità e verificare se questi rientrino nei casi di accettazione tacita stabiliti dalla legge o considerati tali dalla giurisprudenza.
In ogni caso, l’accertamento dell’accettazione tacita effettuato dal giudice nell’ambito della procedura per eredità giacente è incidenter tantum e, dunque, valevole solo ai fini della procedura non essendo stato aperto un giudizio nei confronti dei chiamati.
Fattispecie legali di accettazione dell’eredità[9]
– quando il chiamato dona, vende o cede i suoi diritti di successione ad un soggetto estraneo o anche ad uno o più chiamati (art. 447 c.c.);
– quando il chiamato rinuncia ai diritti ereditari verso corrispettivo o a favore di alcuni soltanto dei chiamati (art. 478 c.c.);
– quando il chiamato compie atti eccedenti l’ordinaria amministrazione o vende i beni ereditari senza autorizzazione del giudice (art. 460);
– quando il chiamato sottrae o occulta beni spettanti all’eredità (art. 527).
La giurisprudenza ha inoltre ravvisato un’accettazione tacita del chiamato nel caso in cui questi abbia:[10]
– effettuato la voltura catastale di un immobile[11];
– riscosso un assegno lasciato in pagamento al de cuius[12];
– riscosso crediti del defunto[13];
– pagato debiti ereditari fatti con beni dell’asse[14];
– promesso in vendita di un bene dell’asse;
– esperito l’azione di regolamento di confini[15];
– esperito azioni per la difesa o la rivendica della proprietà dei beni dell’asse o per il risarcimento dei danni per mancato la mancata disponibilità di tali beni[16];
– proposto intervento nel giudizio di divisione[17];
– depositato istanza di divisone amichevole proposta dal conciliatore[18];
– si sia costituito nel giudizio intrapreso dal defunto[19];
– fatto valere un diritto o un credito del defunto giudizialmente[20];
– sottoscritto un atto processuale in qualità di erede;
– esperito l’azione di riduzione[21];
– accettato somme, anche di modesta entità, di pertinenza ereditaria, pagate da terzi in considerazione della loro qualità di eredi[22];
– concesso ipoteca sui beni ereditari[23];
– agito in giudizio per nullità delle disposizioni testamentarie;
– fatto una proposta di contratto ad un terzo[24];
– assunto in giudizio un comportamento processuale in contrasto con la volontà di non accettare[25];
– domandato la divisione giudiziale[26] o stragiudiziale;
– compiuto un atto di disposizione dei beni ereditari;
– [27]agito in giudizio per ottenere la risoluzione del contratto sottoscritto dal defunto[28];
– esperito azione di nullità della donazione effettuata dal defunto[29];
– pagato con beni di pertinenza dell’eredità debiti propri[30];
– disposto di indumenti personali del defunto[31];
– conferito mandato a compiere tutti gli atti relativi all’amministrazione dei beni del defunto[32];
– dopo la dichiarazione di successione abbiano presentato ricorso contro l’accertamento di maggior valore e abbiano chiesto di definire, mediante concordato, la controversia con l’amministrazione finanziaria; dopo la dichiarazione di successione abbiano presentato ricorso avverso l’avviso di liquidazione dell’ufficio, senza negare la propria qualità di eredi.[33]
Non integrerebbero invece atti idonei a configurare accettazione tacita[34]:
– la mancata opposizione a titolo esecutivo e al precetto notificato al chiamato in qualità di erede[35];
– la costituzione in giudizio del chiamato verso il quale si sia agito per proseguire il giudizio iniziato contro il de cuius, posta in essere solo per fare valere il difetto di legittimazione passiva[36];
– i solleciti a procedere alle divisioni[37];
– la presentazione della denuncia di successione, il pagamento delle imposte[38];
– la richiesta di pubblicazione di testamento[39];
– il pagamento non transattivo di debiti del de cuius con denaro proprio[40];
– il pagamento spese funerarie con denaro proprio;
– la richiesta informazioni circa l’esistenza di un testamento o di beni ereditari relitti del de cuius al fine di valutare la necessità di una denuncia di successione;
– la falsificazione della firma di traenza del de cuius e sottrazione di beni per garantirsi la latitanza;
– il godimento, dopo l’apertura della successione e la dichiarazione di rinuncia all’eredità, dei mobili; di casa del defunto con il quale coabitavano;
– il possesso dei beni donati dal de cuius[41];
– la richiesta di sequestro conservativo a tutela dei crediti ereditati[42];
– l’esecuzione di atti di mera conservazione dei beni ereditari[43].
15.2 Segue. L’accertamento sul non possesso dei beni ereditari
Il non possesso dei beni ereditari è un ulteriore presupposto la cui permanenza deve essere accertata dal curatore.
Si è già avuto modo di osservare che il possesso si configura in una mera relazione materiale tra i beni e il chiamato, quindi in una situazione di fatto che consente l’esercizio di poteri sui beni (anche se per mezzo di terzi detentori) con la consapevolezza della loro appartenenza al patrimonio ereditario.[44]
Per possesso deve intendersi dunque anche la detenzione di beni a titolo di custodia o di affidamento temporaneo, oltre che il compossesso.
Si avrà dunque possesso quando[45]:
– il chiamato ha libero accesso e, dunque, la disponibilità di beni mobili o immobili;
– il chiamato coabitava quale ospite con il defunto;
– il chiamato, dopo il decesso del de cuius, va ad abitare nella sua casa;
– il chiamato ha a disposizione l’automobile del defunto in quanto gli era stata prestata temporaneamente;
– il chiamato ha la detenzione di una collezione di monete o francobolli che gli erano stati affidati per la vendita;
– il chiamato, quale dipendente del de cuius, abitava per contratto nella casa dello stesso;
– il chiamato gestiva un’azienda con il de cuius e dopo la morte di questi detiene le chiavi dei locali.
16. La richiesta del codice fiscale della curatela
Al fine di identificare la curatela dell’eredità giacente ai fini fiscali, il curatore deve richiedere l’assegnazione di un codice fiscale.
Tale adempimento si rivela necessario anche al fine di evitare che il curatore si trovi costretto ad associare il proprio codice fiscale alla curatela e, conseguentemente, l’insorgere di problemi in relazione alla sua posizione personale, specialmente nei database informatici delle Amministrazioni Pubbliche.
Inoltre, il codice fiscale della curatela sarà necessario per tutti quegli atti che vedranno coinvolta direttamente la curatela stessa o il suo curatore (ad esempio, per la dichiarazione di successione, per la registrazione dei contratti di locazione, per la vendita di beni immobili, per la fatturazione delle spese anticipate, ecc.).
L’assegnazione deve essere richiesta all’Agenzia delle Entrate attraverso la compilazione dell’apposita modulistica e l’allegazione di una copia del decreto di nomina e copia del documento d’identità del curatore.
17. La variazione dati IVA
Nel caso in cui il curatore dovesse accertare che nel patrimonio ereditario è presente un’azienda, questi dovrà provvedere ex art. 35 DPR 633 del 1972, entro 30 giorni dall’assunzione dell’Ufficio, a richiedere all’Agenzia delle Entrate competente la variazione dei dati Iva.[46]
18. L’inventario, il suo contenuto e il relativo valore giuridico
Ricostruito il patrimonio ereditario il curatore dovrà richiedere al giudice la nomina di un cancelliere per procedere all’inventario del patrimonio del de cuius essendo allo stesso applicabili le norme relative all’erede con beneficio d’inventario (artt. 484 e ss. c.c.).[47] Il giudice nominerà un cancelliere a sua discrezione ed autorizzerà il curatore a compiere tutti quegli atti all’uopo necessari (nomina di un fabbro, assistenza della forza pubblica, apposizione dei sigilli, ecc.).
Il curatore dovrà estrarre copia dell’autorizzazione alla nomina del cancelliere e prendere contatto con lo stesso al fine di concordare giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni d’inventario. Il cancelliere dovrà essere informato sullo stato della procedura e gli dovrà essere consegnata copia del provvedimento di nomina del curatore, copia del suo provvedimento di nomina e tutta la documentazione già acquisita nel corso delle attività iniziali.
Il cancelliere dovrà poi provvedere a dare notizia dell’avvio delle operazioni a tutti quei soggetti che hanno diritto a parteciparvi ex art. 772, co. 1, c.p.c. (coniuge superstite, eredi istituiti con testamento, ai legatari, ai creditori, al legato, ai creditori che si sono opposti alla rimozione dei sigilli). L’omesso avviso, se non comporta nullità dell’inventario, dà comunque diritto a tali soggetti di contestare le risultanze dello stesso.[48]
Si deve dare tuttavia atto che la prassi è quella di dare avviso dell’inizio delle operazioni d’inventario al solo curatore, quale rappresentante (non in senso tecnico) dell’eredità e quindi di tutti i successibili. Resterebbe comunque fermo il diritto dei soggetti di cui all’art. 772, co.1, c.p.c. di partecipare alle operazioni di inventario previa autorizzazione del giudice.
Se è vero che l’inventario deve essere effettuato quanto prima, è altresì vero che il curatore non è soggetto al termine trimestrale di cui all’art. 531 c.c..[49]
L’inventario descrive i beni del defunto ex artt. 364 c.c. e 775 c.p.c. e, dunque, individua il patrimonio che dovrà essere amministrato dal curatore (da ciò deriva l’esigenza che il curatore partecipi anch’egli alle operazioni d’inventario).
Normalmente non vengono compresi nell’attivo ereditario[50]:
– indennità di preavviso (art. 2118 c.c.) né il TFR (art. 2120 c.c.) purché i beneficiari siano il coniuge, i figli e, se vivevano a carico del lavoratore, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo (questi infatti acquistano il diritto iure proprio);
– l’equo indennizzo a favore dei congiunti riconosciuto al lavoratore statale per decesso a seguito di comprovate cause di servizio;
– le somme corrisposte ai familiari del defunto da enti di diritto pubblico quale contributo per spese funerarie e di malattia;
– crediti derivanti da contratti di assicurazione sulla vita a favore di familiari o terzi.
Il cancelliere nominato può operare anche fuori dall’ambito di competenza del Tribunale che lo ha nominato e avvalersi di periti estimatori o ausiliari (ex art. 68 c.p.c.) dallo stesso nominati (ex art. 773 c.p.c) anche se non iscritti ad albi professionali. Invero, non vi sono sempre albi e/o professionisti ivi iscritti specializzati nell’attività peritale da effettuate (si pensi ai casi di valutazione di autografi, manoscritti antichi o collezioni particolari).[51]
Qualora il curatore si trovi invece di fronte ad un inventario già redatto, questi potrà limitarsi alla sola verifica di completezza ed esattezza dello stesso[52], ma dovrà richiedere integrazioni (attraverso apposita istanza di riapertura) qualora l’atto risulti incompleto o carente.[53] In tal caso sarà dovuta comunque l’imposta di registro.
In relazione alla stima dei beni si osservi che il valore indicato è quello di realizzo, variabile dunque in funzione dello stato di fatto del bene. Tale valore non sarà vincolante né per il curatore né per il giudice.
L’inventario è redatto dal cancelliere nominato (o dal notaio), sottoscritto anche dal curatore, e il suo valore giuridico è quello di atto pubblico ex artt. 2699 e 2700 c.c., con efficacia probatoria limitata alla quantità e alla descrizione dei beni inventariati e alle dichiarazioni ricevute.
L’efficacia probatoria non si estende al valore di stima, sia che venga effettuato dal cancelliere che dal perito nominato all’uopo, in quanto trattasi di una valutazione soggettiva effettuata senza riferimenti oggettivi.
È bene rammentare che né il curatore né il cancelliere hanno poteri coercitivi, investigativi o inquisitori.[54]
Una volta terminato l’inventario i beni passano nella custodia del curatore che ne entra effettivamente in possesso.
Infine, il verbale d’inventario dovrà essere registrato presso l’Agenzia delle Entrate, previo pagamento dell’imposta di registro dovuta in misura fissa (Euro 200,00 c.a.), attraverso modello F23 predisposto dalla cancelleria.
Qualora fosse necessario (ad esempio nel caso in cui il curatore dovesse depositare con urgenza la dichiarazione di successione ai fini dello svincolo delle somme dal conto già intestato al de cuius) il curatore, effettuato il pagamento, potrà richiedere copia conforme del verbale sul quale comparirà la dicitura “in fase di registrazione”.
Le somme per il pagamento delle imposte dovranno essere anticipate dal curatore.
Il cancelliere avrà poi diritto al pagamento delle proprie competenze (ca. Euro 10,00 l’ora, nette. Il compenso è comunque ottenuto moltiplicando le ore, comprese quelle di viaggio, per l’importo orario lordo straordinario previsto dalle tabelle ministeriali) che saranno liquidate dal giudice. Non è previsto rimborso spese.
Il pagamento delle suddette competenze sarà posto a carico della curatela per cui il giudice, nel decreto di liquidazione, dovrà autorizzare il curatore ad effettuare il pagamento prelevando le somme dai fondi ereditari esistenti o, in caso di fondi inesistenti o insufficienti, da quelli che verranno eventualmente ad esistenza in futuro. In quest’ultimo caso non è infrequente nella prassi che il curatore anticipi il compenso del cancelliere.
Si osservi da ultimo che, nel caso in cui la curatela sia priva di beni, il curatore può richiedere al giudice l’esonero dall’obbligo d’inventario.
(tratto da L’amministrazione dei beni ereditari: chiamato all’eredità, curatore di eredità giacente ed esecutore testamentario, 2019, Pacini Giuridica)
[1] Si rimanda agli artt. 15 – 22 del Regolamento UE n. 679/2016 che, sinteticamente, prevedono: art. 15 il diritto di accesso ai dati, art. 16 il diritto di rettifica dei dati, art. 17 il diritto alla cancellazione dei dati (c.d. diritto all’oblio), art. 18 il diritto di limitazione dei trattamenti, art. 19 l’obbligo di notifica in caso di rettifica o cancellazione dei dati personali o limitazione del trattamento, art. 20 il diritto di portabilità dei dati, art. 21 il diritto di opposizione e art. 22 i diritti connessi al processo decisionale automatizzato relativo alle persone fisiche, compresa la profilazione.
Per completezza, si osservi che l’art. 2 terdecies del D.Lgs. 101/2018 prevede inoltre che: “2. L’esercizio dei diritti di cui al comma 1 non è ammesso nei casi previsti dalla legge o quando, limitatamente all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione, l’interessato lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest’ultimo comunicata. 3. La volontà dell’interessato di vietare l’esercizio dei diritti di cui al comma 1 deve risultare in modo non equivoco e deve essere specifica, libera e informata; il divieto può riguardare l’esercizio soltanto di alcuni dei diritti di cui al predetto comma. 4. L’interessato ha in ogni momento il diritto di revocare o modificare il divieto di cui ai commi 2 e 3. 5. In ogni caso, il divieto non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi.”
[2] Floridi, Infosfera. Etica e filosofia nell’età dell’informazione, Giappichelli, 2009.
[3] Trib. Lamezia Terme, 24 luglio 1978, in Ass., 1980, II, 27.
[4] Questo obbligo non è previsto per gli eventi avvenuti fino al 27 ottobre 2007. In questi casi, anche se è decorso il termine di prescrizione, l’istituto assicurativo dovrà pagare la prestazione ai beneficiari che ne facciano specifica richiesta.
[5] Brama, Manuale del Curatore dell’eredità giacente, cit., p. 74.
[6] Brama, Manuale del Curatore dell’eredità giacente, cit., p. 74.
[7] Brama, Manuale del Curatore dell’eredità giacente, cit., p. 74.
[8] Cass. 4 settembre 2017, n. 20699, in Guida. dir., 2018, 9, p. 37; Cass., sez. II, 11 maggio 2009, n. 10796, in Riv. Not., 2010, 213.
[9] Brama, Manuale del Curatore dell’eredità giacente, cit., p. 35.
[10] Brama, Manuale del Curatore dell’eredità giacente, cit., p. 33 – 37.
[11] Cass. 11 luglio 2014, n. 15888, in Mass. Giust. civ., 2014.
[12] Cass. 5 novembre 1999, n. 12327, in Riv. Not., 2000, 475.
[13] Cass. 6 febbraio 2014, n. 2743, in Mass. Giust. civ., 2014.
[14] Cass. 22 febbraio 2018, n. 4320, in Guid. dir., 2018, n. 21, p. 68.
[15] Cass. 12 novembre 1998, n. 11408, in Mass. Giust. civ., 1998, 2335.
[16] Cass. 27 giugno 2005, n. 13738, in Riv .Not., 2006, 777.
[17] Cass. 4 giugno 1994, n. 5443, in Mass. Giust. civ., 1994, fasc. 6.
[18] Cass. 13 febbraio 1987, n. 1585, in Mass. Giust. civ., 1987, fasc. 2.
[19] Cass. 8 aprile 2013, n. 8529, in Mass. Giust. civ., 2013.
[20] Cass. 20 ottobre 2014, n. 22223, in Mass. Giust. civ., 2014.
[21] Cass.19 ottobre 2012, n. 18068, in Foro it., 2013, 3,c. 945.
[22] Cass., sez. lav., 30 maggio 1985, n. 3281, in Giur. It., 1986, I,1, 892.
[23] Cass. 23 giugno 1958, n. 2226, in Mass. Foro it., 1959, 270.
[24] Cass. 25 marzo 1965, n. 497, in Foro Pad., 1965, I, 800.
[25] Cass. 11 giugno 1963, n. 1554, in Mass. Foro it., 1963, 454.
[26] Cass. 23 febbraio 1985, n. 1628, in Mass. Giust. civ., 1985, fasc. 2.
[27] Cass. 14 maggio 1955, n. 1375, in Mass. Foro it., 1955, p. 295.
[28] App. Palermo, 23 novembre 1956, in Mass. Giust. civ., 1956, 560.
[29] Trib. Firenze, 25 giugno 1958, in Rep. Giust. civ., 1958, voce Successioni in generale, n. 24.
[30] Cass., 29 settembre 1964, in Foro it., 1965, I, c. 55.
[31] Cass. 15 maggio 1944, in Rep. Foro it., 1943-1945, c. 140.
[32] App. Cagliari, 18 maggio 1962, in Rep.Giust. Civ., 1962, n. 11.
[33] Comm. Trib. I Grado Trani, 28 giugno 1989, 1990, 2876.
[34] R. Brama, Manuale del Curatore dell’eredità giacente, cit., p. 35.
[35] Cass. 24 febbraio 1972, n. 552, in Mass. Foro it., 1972, c. 158.
[36] Cass. 3 agosto 2000, n. 10197, in CED Cass.
[37] Cass. 11 ottobre 1977, n. 4328, in Mass. Foro it., 1977, c. 818.
[38] Cass. 29 marzo 2005, n. 6574, in Riv .Not., 2005, 587; Cass. 28 febbraio 2007, n. 4783, in Mass. Giust. civ. 2007, 7-8.
[39] Cass. 28 agosto 1986, n. 5275, in Mass. Giust. civ., 1986, fasc.8 – 9.
[40] Cass. 9 novembre 1974, n. 3492, in Mass. Foro it., 1974, c. 791
[41] Cass. 21 aprile 1958, n.1319, in Mass. Foro it., 1958, p. 480.
[42] App. di Palermo 30 settembre 1955, in Giur. It., n. 6.
[43] Trib. Napoli, 28.01.1974, in Dir. e Giur., 1975, 475.
[44] Brama, Manuale del Curatore dell’eredità giacente, cit., p. 37.
[45] Brama, Manuale del Curatore dell’eredità giacente, cit., p. 37.
[46] Agostini, L’eredità giacente. Manuale operativo per il curatore. Aspetti civilistici, tributari, contabili. Procedura e formulario, cit., p. 6.
[47] Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, cit., p. 322.
[48] Brama, Manuale del Curatore dell’eredità giacente, cit., p. 79.
[49] Di Marzio, L’eredità giacente, cit., p. 541; Lipari, L’eredità giacente, cit., p. 457.
[50] Brama, Manuale del Curatore dell’eredità giacente, cit., p. 86.
[51] Brama, Manuale del Curatore dell’eredità giacente, cit., p. 84.
[52] M. Lipari, L’eredità giacente, cit., p. 458.
[53] Di Marzio, L’eredità giacente, cit., p. 541.
[54] Brama, Manuale del Curatore dell’eredità giacente, cit., p. 79.