L’utilizzo dell’app Immuni (app per la gestione del contact tracing nell’emergenza coronavirus) assume rilevanza anche e soprattutto nel luogo di lavoro, con ricadute importanti sull’attività aziendale.
Infatti, il lavoratore che riceve l’alert da Immuni su un contatto a rischio coronavirus dovrà avvisare, oltre l’ATS competente, anche le risorse umane, così da permettere all’azienda di limitare il contagio.
Non solo. Pur non essendovi un previsione ad hoc nel protocollo del 24 aprile 2020 – Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro- è necessario che il lavoratore che riceva l’alert eviti di recarsi sul posto di lavoro (c.d. isolamento o quarantena precauzionale). Ciò al fine di evitare non solo possibili contestazioni disciplinari ma anche ricadute penali.
Una volta ricevuta la comunicazione da parte del lavoratore sarà possibile per l’azienda procedere alla ricostruzione dei “contatti stretti” avvenuti all’interno del luogo di lavoro. Tale attività, in ogni caso, dovrà essere svolta prestando la massima attenzione alla riservatezza della persona e al profilo della privacy.
Al momento la normativa ed i protocolli vigenti non disciplinano puntualmente la procedura da seguire nell’ipotesi in cui attraverso l’app Immuni si venga a conoscenza di esser stato in contatto con un soggetto positivo al COVID-19. Tale vuoto normativo crea non poca confusione.
Bisogna, inoltre, tener conto che l’app Immuni non rileva le circostanze in cui è avvenuto il contatto. Questo significa che l’app non è in grado di evidenziare i casi in cui il contagio risulta essere poco probabile.
Si pensi, ad esempio, al caso in cui il dispositivo del soggetto positivo venga a contatto con quello di altre persone che indossino i c.d. dispositivi di protezione (mascherine, guanti etc.) o qualora tra le stesse vi sia stato un pannello di plexiglass. In questi casi, infatti, il rischio di esposizione al contagio è drasticamente ridotto.
Tale criticità è stata rilevata dallo stesso Garante della Privacy, nel provvedimento del 1 giugno col quale ha dato il via libera all’app Immuni. Il Garante, infatti, ha evidenziato che la “valutazione della distanza fra dispositivi è intrinsecamente suscettibile di errori in quanto l’intensità del segnale bluetooth dipende da fattori diversi come l’orientamento reciproco di due dispositivi o la presenza di ostacoli fra essi (compresa la presenza di corpi umani), potendo così rilevare “falsi positivi” e “falsi negativi”.”
Anche alla luce di tali osservazioni si rende auspicabile al più presto un intervento normativo sul punto che diradi questa nebulosa situazione.
Avv. Ughetta Di Carpegna Brivio
Esperta di diritto del lavoro e IT Law