Investimento, passione, collezionismo? Non importa. Anche la Cypto Art rientra tra i beni ereditari digitali.
Dal 23 novembre 2021 – 6 febbraio 2022 si terrà “2121”, il primo grande progetto espositivo dedicato alla Crypto Art, un fenomeno che abbiamo constatato, dalle incessanti richieste dei nostri assistiti, è in continua crescita.
Le opere d’arte digitale e gli NFT di esse costituiscono, insieme a collezionabili digitali, criptovalute, opere letterarie e beni digitali personali (foto di famiglia, video, file audio, diari, ecc.) una parte sostanziale del patrimonio digitale il cui passaggio generazionale deve essere necessariamente pianificato, onde evitare che tale ricchezza artistica, culturale, storica e personale venga perduta per sempre e non giunga mai agli eredi.
In assenza di disposizioni morits causa il possesso delle opere d’arte digitale contenute in un supporto di memorizzazione personale dell’artista potrebbero non essere acquisito da parte degli eredi perché ignari della password di accesso al device e/o alla cartella e/o al fine all’interno del quale sono custodite.
In tal caso, l’unica soluzione sarà, oltre che procedere per tentativi, richiedere l’assistenza di tecnici specializzati in informatica forense affinché tentino di accedere al supporto protetto da credenziale e di recuperare i contenuti protetti. A fronte di una credenziale già utilizzata o “semplice”, è possibile ottenere quell’accesso al dispositivo che consente allo specialista informatico di effettuare una copia esatta del suo contenuto e recuperare, attraverso le tecniche di informatica forense, i beni digitali ivi memorizzati o comunque dati utili ai fini successori.
Tuttavia, le tecnologie attuali offrono misure di protezione ben più efficaci rispetto alle consuete credenziali (password, PIN, username, ecc.) di autenticazione. Grazie all’integrazione tra hardware e software è spesso possibile effettuare una cifratura dei dati presenti sul supporto di memorizzazione, che rende infruttuoso qualsiasi tentativo di lettura dei dati anche una volta che il sistema venga violato. In tali casi, lo specialista informatico, dovrà utilizzare le medesime tecniche di polizia giudiziaria. Frequente sarà il ricorso alla c.d. copia forense del dispositivo di memorizzazione in modo tale da poter effettuare tentativi di accesso (anche invasivo o distruttivo), senza compromettere l’originale del supporto o, in alternativa, alle tecniche di c.d. bruteforce, ossia ad un cospicuo numero di tentativi automatizzati di acceso attraverso password generate casualmente a partire da criteri predeterminati. Qualora non fosse necessario conservare il supporto fisico di memorizzazione, si potrà ricorrere anche alle tecniche “distruttive” quali il c.d. “chip off”, ovvero la rimozione fisica dei componenti dalla scheda logica per un accesso fisico al componente contenente la chiave di cifratura da estrarre.
Nel caso degli NFT, ossia opere d’arte digitali memorizzate su blockchain, tale evenienza si verifica qualora il defunto si fosse determinato per l’utilizzo di un c.d. hardware wallet. Questo dispositivo è utilizzato per generare (a partire da un seme casuale, detto seed) e conservare in modo cifrato le chiavi pubbliche e private necessarie per realizzare le transazioni sulla blockchain, che basa infatti il proprio funzionamento sulla c.d. crittografia asimmetrica: le prime saranno utilizzate per produrre indirizzi comunicabili a terzi per effettuare le transazioni in entrata verso l’utente e le seconde utilizzate per firmare le transazioni in uscita. La possibilità di disporre del bene digitale si realizzerà dunque solo attraverso la detenzione e l’accesso alla chiave privata, che sarà da recuperare violando la cifratura effettuata in base al PIN scelto dall’utente e con le stesse modalità, i rischi e le eccezioni tipiche dell’acquisizione delle criptovalute.
Tuttavia, la scelta (spesso necessaria) di una procedura c.d. chip off su un wallet hardware può volatilizzare l’acquisto del possesso del NFT qualora non giunga a buon fine (evenienza peraltro probabile, considerando l’efficacia dei moderni sistemi di cifratura. In altre parole, qualora la rimozione fisica dei componenti dalla scheda logica, per un accesso fisico al componente contenente la chiave privata da estrarre, non porti al recupero della chiave privata, non vi sarà possibilità alcuna di entrare in possesso del bene riconducibile al defunto.
Nel caso in cui l’opera d’arte digitale sia custodita all’interno di un account cloud o un NFT sia custodito da un exchange la questione assume contorni diversi.
La prima (oltre che più semplice) forma di acquisizione delle opere d’arte digitali o degli NFT (ma in generale dei beni digitali riconducibili ad un account del de cuius) depositate presso un exchange e accessibili tramite un account, è l’accesso attraverso lo stesso (o gli stessi) device (personal computer, smartphone, tablet, ecc.) in uso al defunto (se accessibili ab origine).
In altre parole, qualora i chiamati all’eredità siano riusciti ad accedervi, potranno tentare di entrare nell’account del defunto utilizzando il suo personal computer, il suo tablet o il suo smartphone.
I programmi di navigazione (browser), anche al fine di agevolare l’utente, consentono infatti di memorizzare localmente le credenziali di accesso ai diversi servizi in rete (il browser utilizzato per la navigazione in Internet conserva tutte le password che l’utente ha deciso di salvare in occasione del primo accesso ad un account o alla modifica delle password medesime).
Qualora tale tentativo risultasse infruttuoso, l’unico strumento per poter accertare l’esistenza di dati riconducibili al defunto e (cercare di) entrarvi in possesso, sarà quello legale.
In particolare, le fonti normative utili a tal fine sono: il Regolamento UE 679/2016 sul trattamento dei dati personali (c.d. GDPR) in combinato disposto con l’art. 2-terdecies del d.lgs. n. 196/2003, come modificato dal d.lgs. n. 101/2018.
Tale disposizione, rubricata “Diritti riguardanti le persone decedute”, consente di ottenere, anche in forza dell’art. 15 del GDPR l’accesso, la copia e la consegna di tutte le informazioni (e, dunque, anche le opere d’arte digitali e gli NFT) riconducibili al defunto e “memorizzate” dal titolare del trattamento.