La corsa all’Intelligenza Artificiale tra le due sponde dell’Atlantico
L’intelligenza artificiale (IA) è divenuta il fulcro della competizione tecnologica globale, con investimenti significativi da parte delle principali potenze economiche. Tuttavia, le dinamiche di investimento tra Stati Uniti e Unione Europea evidenziano un chiaro divario, sia in termini di rapidità decisionale che di flessibilità operativa. Questo articolo analizza tali differenze, concentrandosi sulle implicazioni legali e strategiche che influenzano le capacità di adattamento e innovazione delle aziende di entrambi i blocchi economici.
Normative sul lavoro: ostacolo o salvaguardia per l’innovazione europea?
Un elemento determinante nel confronto tra gli approcci statunitense ed europeo agli investimenti in IA è rappresentato dalle normative sul lavoro. Uno studio di Yann Coatanlem e Oliver Coste sottolinea come le leggi europee sull’occupazione possano penalizzare la capacità delle aziende leader nell’UE di rispondere prontamente alle sfide poste dall’intelligenza artificiale.
La rigidità delle regolamentazioni sul lavoro, particolarmente in paesi come Germania, Francia e Finlandia (Italia non pervenuta, non per virtù ma per insufficienza di investimenti significativi), limita l’agilità delle imprese nel ristrutturare le proprie attività e riallocare risorse verso settori innovativi.
Ad esempio, Nokia, principale investitore tecnologico europeo, ha annunciato una riduzione del personale fino a 14.000 unità per fronteggiare un calo del 21% delle vendite. Tuttavia, vincoli normativi nei paesi in cui opera prevedono che il processo di ristrutturazione non possa essere completato prima del 2026. Analogamente, SAP, leader europeo nel software, ha annunciato 8.000 licenziamenti, ma con un programma globale di 18 mesi e tempi che in Europa superano i tre anni. Questi esempi dimostrano come l’eccessiva rigidità legislativa possa frenare la capacità delle aziende europee di competere in un settore altamente dinamico come quello dell’IA.
L’approccio pragmatico degli Stati Uniti: flessibilità e rapidità nell’innovazione
Negli Stati Uniti, invece, le aziende tecnologiche hanno dimostrato una maggiore prontezza e flessibilità nell’adattarsi alle opportunità e alle sfide poste dall’IA. Il successo di ChatGPT ha innescato reazioni immediate: Microsoft ha razionalizzato la propria forza lavoro e investito 10 miliardi di dollari in OpenAI, oltre a potenziare le proprie infrastrutture per l’IA.
Meta (Facebook), dopo aver sospeso i suoi ambiziosi progetti sul metaverso, ha licenziato 20.000 dipendenti in pochi mesi e destinato 37 miliardi di dollari all’infrastruttura informatica per l’IA nel 2024. Alphabet (Google), affrontando difficoltà nel settore della ricerca, ha interrotto progetti non prioritari, ridotto il personale di 12.000 unità e aumentato gli investimenti in ricerca e sviluppo nell’IA fino a 43 miliardi di dollari nel 2023.
Queste decisioni, rapide e strategiche, dimostrano come le normative meno rigide e un mercato del lavoro più flessibile permettano alle aziende statunitensi di adattarsi rapidamente, attrarre talenti e guidare l’innovazione.
Regolamentazione e innovazione: un equilibrio delicato
Le differenze tra UE e USA non si limitano alle strategie aziendali, ma riflettono una profonda divergenza nelle politiche normative. L’Unione Europea pone una forte enfasi sulla regolamentazione preventiva, frutto di volontà politiche precise e lavori prevalentemente accademici, come dimostrato dal Regolamento sull’Intelligenza Artificiale (AI Act), progettato per mitigare i rischi ma che, di fatto, potrebbe scoraggiare investimenti e innovazione.
Al contrario, negli Stati Uniti, l’approccio regolamentare si concentra sulla promozione dello sviluppo tecnologico, riservando l’intervento normativo solo alle fasi successive, ove ne fosse rilevato il bisogno, e, soprattutto, coinvolgendo da subito gli attori principali del settori, il cui parere viene tenuto in preminente considerazione.
Emblematico il caso del disegno di legge SB 1047 in California, che avrebbe imposto meccanismi di failsafe nei confronti di sistemi di IA oltre una certa soglia di potenza di calcolo, risparmiando quelli minori. Un approccio a prima vista cauto, nato per favorire le realtà di sviluppo più piccole ma soprattutto ipotizzando che a modelli di IA più complessi corrispondessero potenzialmente le possibilità di danni maggiori in caso di malfunzionamento; un paradigma tuttavia fondamentalmente fallace, poiché anche un sistema poco potente ma molto specializzato (ad esempio un sistema di gestione idrica) è potenzialmente causa di danni catastrofici. Una non-soluzione, dunque, che ha portato alla bocciatura da parte del governatore Gavin Newsom dopo le critiche dei player di settore.
Questa differenza filosofica si traduce, dunque, in un ambiente più favorevole per le aziende americane, che possono operare con minori vincoli burocratici, attrarre maggiori investimenti e accelerare lo sviluppo di soluzioni innovative.
Prospettive future: verso una maggiore competitività europea
Il divario transatlantico negli investimenti in IA solleva, dunque, questioni cruciali per il futuro della competitività globale dell’UE. Se da un lato le normative sul lavoro e le regolamentazioni stringenti mirano a tutelare i lavoratori e ridurre i rischi, dall’altro compromettono la capacità delle aziende europee di rispondere rapidamente alle opportunità del mercato. Per colmare questo divario, l’Unione Europea deve considerare riforme che bilancino protezione sociale e flessibilità economica, garantendo un contesto competitivo per i propri leader tecnologici. Il confronto tra Stati Uniti e Unione Europea sugli investimenti in intelligenza artificiale è un esempio perfetto per mettere in luce, ancora una volta, le opportunità e le criticità legate alle rispettive normative e strategie. Nello specifico, ne avevamo già parlato qui, a proposito dell’intervento di Mario Draghi sul punto.
Un divario che ha radici storiche, come la grafica qua sotto mostra impietosamente
e che sicuramente non ha origine solo dall’Unione, ma è pur vero che questa è la somma dei suoi stati membri, e la musica non sembra essere certo cambiata.
Al momento, purtroppo, mentre le aziende statunitensi godono di una maggiore libertà d’azione che consente loro di guidare l’innovazione, l’UE rischia di rimanere indietro a causa di regolamentazioni eccessivamente rigide. Solo una revisione delle politiche europee potrebbe rappresentare la chiave per garantire che il vecchio continente resti competitivo in un settore determinante per il futuro economico globale.